Domenica dopo l’Ascensione – VII di Pasqua

Giornata mondiale per le Comunicazioni sociali

C’è una preghiera piccola piccola, che probabilmente moltissimi di noi hanno imparato fin da bambini, che esprime con il linguaggio della tenerezza il concetto dell’avere cura, del proteggere: è la preghiera “Angelo di Dio, che sei il mio custode…”. Quanti di noi si ricordano che siamo affidati per tutta la vita alle cure dolcissime e premurose di Dio, che come un padre buono non perde d’occhio nessuno dei suoi figli? E’ il medesimo concetto che esprime Gesù nel Vangelo di oggi, mentre parla con il Padre ma facendosi ascoltare dai suoi discepoli, come nel vecchio adagio “parlo a suocera perché nuora capisca”. E’ proprio il concetto del “custodire”. Quanti significati in questo verbo! Custodire è nello stesso tempo proteggere e conservare, difendere e coltivare. Nella vita tutti custodiamo qualcosa, nel senso esteso del termine: c’è chi ama custodire oggetti prendendosene cura, chi ama coltivare piante o fiori, chi mette tante energie nell’allevare animali, chi si occupa di custodire il proprio sapere e la propria cultura, chi custodisce nel cuore sentimenti, emozioni, stati d’animo, chi custodisce le persone che ama e che farebbe qualsiasi cosa per loro. Dio è un custode ineffabile e totale di ciascuno di noi: egli ci custodisce come nessuno, ha per noi non la stessa cura che avremmo noi verso ciò che amiamo di più, ma una cura infinitamente superiore, continua, inarrestabile e irreversibile. Custodire è amare. Dio ci custodisce.

(A. M. Argine)


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